PROVINCIA DEI FRATI MINORI CAPPUCCINI DELL’EMILIA ROMAGNA
Curia Provinciale
via Bellinzona, 6 – 40135 BOLOGNA


fr. Alessandro Piscaglia

Fr. ALESSANDRO (Armando)
PISCAGLIA

Nato a Sogliano al Rubicone (Fc)
1 luglio 1933

Morto a Reggio Emilia
27 luglio 2022

Bologna, 30 luglio 2022

Da quasi cinque anni padre Alessandro era avvolto dal silenzio più impenetrabile. Solo Colui che conosce tutto poteva visitare i suoi pensieri e accogliere la preghiera fatta di sofferenza. È stato un calvario lungo e ripido, e forse chi andava a fargli visita ai piedi della croce su cui era appeso avrebbe voluto gridare, facendosi sua voce: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mt 27,46). Al termine della lunga salita, anche lui ha potuto dire con Gesù senza pronunciarne le parole: «È compiuto!» (Gv 19,30) e ha consegnato nelle mani del Padre il suo spirito (Lc 23,4).

Il profumo del suo paese

Padre Alessandro era nato il 1 luglio 1933 a Ville di Montetiffi, nel comune di Sogliano al Rubicone (Fc), un minuscolo Borgo nella Valle del torrente Uso, sovrastato da uno sperone di roccia, su cui si erge maestosa un’Abbazia benedettina del XI secolo. Poche case, immerse nel profumo della campagna romagnola, dove in primavera il verde dei prati e dei boschi si stempera nel blu intenso del cielo, e in autunno i filari delle viti con le loro foglie color rame sembrano disegnare scarabocchi fanciulleschi nei campi coltivati.

Ville di Montetiffi

Qui la vita pare essersi fermata da tempo immemorabile: puoi sentire ancora la fragranza del pane appena uscito dal forno a legna, il profumo della piadina cotta sulla tipica teglia, e l’aroma del vino mesciuto nell’unica osteria. Questa è la Romagna, una terra generosa di mangiapreti, ma altrettanto feconda di vocazioni francescane, un mondo in cui i suoi abitanti forgiano il loro carattere e la loro personalità.

Tra i Cappuccini

Armando, questo il nome ricevuto al battesimo, entrò ancora adolescente nel seminario dei cappuccini di Imola. Era appena terminata la guerra e i suoi effetti erano ancora tangibili. Il pane per tante bocche affamate non bastava mai, ma chi ha assaporato la povertà endemica delle montagne si accontenta del poco che c’è, e gli basta. Il 22 luglio 1951 fu ammesso al noviziato di Cesena, un luogo di estrema povertà, con pagliericcio per letto, tela alle finestre in luogo dei vetri, e nessun riscaldamento, anche nel più crudo inverno. La vocazione di quel giovane vestito del rozzo saio cappuccino, che di qui in avanti si chiamerà con il nome di fra Alessandro, fu messa a dura prova, ma l’ottimismo non venne mai meno.

Pantaloni, pantaloni!

Dell’anno di noviziato, fra Alessandro amava ricordare in particolare il padre guardiano, p. Elia Migliori, un frate austero, di poche parole e di gesti essenziali, suo compaesano, che nell’incontrarlo lo avvertiva con il dito indice alzato e gli diceva: «Pantaloni, pantaloni!». Un modo alquanto singolare per ricordargli che se non rigava dritto, sarebbe stato spogliato dell’abito cappuccino per rivestire nuovamente i pantaloni con cui era entrato in convento. Eh sì, la porta d’uscita era sempre aperta.

L’anno del noviziato trascorse senza grossi scossoni e i pantaloni rimasero inutilizzati nel loro armadio in pasto alle tarme. Così il 23 luglio 1952 fra Alessandro fu ammesso alla professione temporanea, per poi passare come studente nello studentato filosofico di Bologna e successivamente di Lugo, nella Romagna profonda. L’anno seguente ritornò a Bologna, nello studentato teologico, dove il 4 ottobre 1955 si consacrò definitivamente nella regola francescana con la professione perpetua. Il 2 aprile 1960 ricevette l’ordinazione presbiterale nella cattedrale di San Pietro per l’imposizione delle mani del card. Giacomo Lercaro, arcivescovo di Bologna.

I primi impegni

Nel successivo ottobre fu inviato a Roma, nel nostro Collegio Internazionale, per frequentare la Facoltà di Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana, dove il 18 giugno 1962 conseguì la licenza in Teologia. Fatto ritorno in Provincia, si impegnò nell’insegnamento della teologia morale nello studentato interprovinciale di Reggio Emilia appena istituito. Il suo insegnamento non si svolgeva con lezioni cattedratiche, ma impegnava gli studenti in un ruolo attivo, coinvolgendoli personalmente nello svolgimento dei vari temi di ordine morale. Nello stesso tempo svolgeva il lavoro di cappellano della nostra parrocchia di San Giuseppe in Bologna, impegnandosi in particolare modo nell’ambito del catechismo ai ragazzi, lasciando all’altro cappellano, padre Angelo Rinaldi, la cura dei gruppi scout. Nel 1967, quando già da due anni si era ricostituito lo studentato teologico in Bologna, fu nominato rettore dei nostri studenti, pochi in verità, ma sufficienti per plasmare il carattere del padre Alessandro nella prima esperienza a guida di altri frati.

Ministro provinciale

Di qui in avanti gli impegni cominciarono ad accumularsi sulle sue spalle, peraltro molto larghe e robuste. D’altra parte non nascondeva di accettarli di buon grado, forse volentieri, convinto di saperli portare a buon fine. Nel 1969 fu eletto membro del Consiglio provinciale e tre anni dopo Vicario provinciale, guardiano del convento di Bologna e ancora rettore dello studentato. Ma per poco più di un anno, in quanto, in seguito all’improvvisa morte del Ministro provinciale in carica, padre Teodosio Passini (27 ottobre 1973), il Definitorio generale, dopo aver consultato personalmente tutti i frati della Provincia, lo nominò Ministro provinciale e tale rimarrà fino al giugno 1981.

Così nella sua prima lettera alla Provincia il padre Alessandro si esprimeva, richiamandosi alle Costituzioni: «I Superiori, come servitori di tutti, esercitino l’autorità non come padroni, ma siano veramente servi degli altri frati… ». E ancora: «È loro dovere interessarsi e avere premurosa cura dei frati e delle loro necessità, specialmente di quelle spirituali». Ha avuto inoltre una premura particolare per le necessità dei confratelli, in particolare per i malati e più in generale per la salute dei frati. Se già in antecedenza era stata stipulata un convenzione per andare incontro alle loro esigenze di salute, egli ha voluto fare ancora di più: ha contratto un’assicurazione che permetteva ai frati di usufruire del ricovero in casa di cura, consapevole che per un frate essere messo in una stanza d’ospedale con altri pazienti costituiva per lui motivo di notevole disagio. Di questo i frati che ne hanno usufruito, e non solo i missionari scoperti da punto di vista delle cure sanitarie, gli sono stati sempre grati.

Durante gli otto anni ininterrotti del suo primo provincialato, padre Alessandro non vestì mai la veste di superiore esigente e autoritario, ma seppe confrontarsi con i frati come uno di loro, un fratello tra fratelli, e anche ai frati più giovani, gli studenti, non fece mancare la sua comprensione e la sua sensibilità: li accompagnava nelle loro vacanze estive in montagna, partecipava alle loro piccole festicciole, e lasciava loro ampio spazio di intraprendenza.

Durante questo provincialato, poté anche visitare la missione del Kambatta in Etiopia nel dicembre 1974 – gennaio 1975, e così incontrare i missionari, veri pionieri del vangelo, che da quattro anni erano in quella terra con ampie prospettive di fecondo lavoro. Da quella visita ha tratto grande sensibilità per l‘impegno missionario e ulteriore considerazione per le fatiche di quanti avevano impegnato la loro vita per l’annuncio del vangelo.

Non sono mancati però momenti difficili, come quando, nel 1978, dietro testimonianze di frati autorevoli, accolse come aspirante alla vita cappuccina un giovane proveniente da una precedente esperienza vocazionale. Questi manifestava buona volontà e dava speranza di riuscita, e nell’anno di preparazione si dimostrò pienamente affidabile. In seguito alla decisione di introdurlo nella nostra vita, p. Alessandro decise di condurlo personalmente in automobile nel noviziato della Provincia veneta a Lendinara (Ro). Durante il viaggio ebbe però un grave incidente: il giovane riportò conseguenze trascurabili, anche se fu costretto a rimandare la sua entrata in noviziato, mentre il padre Alessandro ne uscì con alcune fratture, che lo tennero immobilizzato per 5-6 mesi. Fu solo un incidente automobilistico? Forse di più. Fu un segno inviato dal cielo? Difficile dirlo con sicurezza. Di certo è che quel giovane, una volta entrato nel noviziato, creò gravi problemi di disorientamento a quella comunità. A cose fatte tutto può sembrare chiaro, ma chi ha vissuto la vicenda non poteva sapere, o non era in grado di prevedere quello che sarebbe poi accaduto.

Una calamita

Nel settembre 1976 p. Alessandro fu eletto Primo Consigliere della CimpCap (Conferenza Italiana Ministri provinciali Cappuccini), nel dicembre successivo divenne Vice-presidente della Cism regionale (Conferenza Italiana Superiori Maggiori) e nell’ottobre 1978 fu nominato Consulente religioso dell’USMI regionale (Unione Superiore Maggiori d’Italia). Come una calamita pareva di attirare incarichi uno dopo l’altro, tra cui, soprattutto, impegni nella pastorale diocesana di Bologna: Membro del Consiglio pastorale diocesano di Bologna (1979), Consulente ecclesiastico provinciale del CIF di Bologna (1980), Vice-segretario nazionale per la formazione (1983), Insegnante di teologia morale presso il Seminario regionale (1984), Vicario episcopale per la vita consacrata per nomina del card. Giacomo Biffi (1984-2003), confermata successivamente dal card. Carlo Caffarra (2003-2008), Consulente spirituale della Famiglia delle “Missionarie del Lavoro” (1987), Socio ordinario dell’Associazione Consultorio Familiare Bolognese, con la qualifica di “esperto di morale” (1987-2007), Visitatore delle Monache Camaldolesi del monastero di s. Caterina in Faenza (1993-2004) per nomina della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, Revisore diocesano per la stampa per il quadriennio 1994-1997, Assistente spirituale dell’Istituto Missionario “Ancelle dei Poveri” di Bologna (1995), Presidente del Gruppo di animazione spirituale e Referente del Coordinamento tra le aggregazioni ecclesiali del Comitato preparatorio del XXIII Congresso Eucaristico Nazionale (1996-1997), Membro del segretariato provinciale per la comunione francescana (2005), Responsabile dell’assistenza alle Clarisse (2005), e Responsabile dell’assistenza alle Clarisse cappuccine di via Saragozza (2008).

Nel frattempo, tra tutte queste mansioni, è stato un’altra volta Cappellano della nostra parrocchia di San Giuseppe (1981-1984), Rettore dei nostri studenti teologi (1980-1993), Consigliere provinciale (1996-1999), Vicario provinciale (1984-1987; 1993-1996; 2005-2011), Ministro provinciale (1999-2005), e Responsabile dell’Infermeria provinciale di Bologna (1996-2011).

Vicario episcopale della vita consacrata
e Socio del Consultorio Familiare Bolognese

Tra tutti questi incarichi, padre Alessandro si è distinto soprattutto nel ruolo di Vicario episcopale della Vita Consacrata e come Socio dell’Associazione Consultorio Familiare Bolognese, con la qualifica di “esperto di morale”.

Come Vicario episcopale per la Vita Consacrata si è fatto apprezzare dal card. Giacomo Biffi per il suo equilibrio e per la sapienza dei suoi interventi nel Consiglio episcopale, tanto che lo stesso cardinale volle proporlo come candidato all’episcopato. Forse sarebbe stato un buon vescovo, ma si sa come vanno le cose: l’uomo propone e Dio dispone. Naturalmente il suo impegno nell’ambito della vita consacrata si è rivolto quasi esclusivamente all’ambito femminile, in quanto gli ordini maschili si dimostrano da sempre alquanto refrattari ad avere sopra di sé altre strutture oltre quelle già canonicamente stabilite. Alle comunità di religiose presenti nella diocesi di Bologna padre Alessandro proponeva spunti di riflessione e di aggiornamento e spesso prendeva parte anche ai loro capitoli elettivi.

fr. Alessandro Piscaglia

Come Vicario episcopale veniva inviato dall’arcivescovo come ministro del sacramento della Cresima. Ha così potuto incontrare tanti ragazzi nel loro impegno di fede, e i parroci erano ben contenti di avere lui come celebrante, avendone sperimentare altre volte la semplicità e la disponibilità.

Come Socio del Consultorio Familiare Bolognese ha dato un concreto contributo alle sue attività e ha messo a disposizione degli altri componenti il Consultorio la sua competenza e la sua esperienza. Ha partecipato in maniera attiva e costruttiva in forza della sua formazione teologica e della sua esperienza nell’ambito morale, come è stato attestato più volte dagli altri componenti. In particolare erano apprezzati il suo equilibrio e la capacità di saper dare un orientamento sicuro nella dinamica della dialettica del Consultorio.

In cammino

Nell’agosto 2014, dopo essere stato in maniera continuativa sempre nella fraternità di Bologna, fu deciso di trasferirlo nella fraternità di Castel San Pietro Terme come confessore e per servizi pastorali. Era già ultraottantenne, e gli dispiaceva abbandonare le tante persone che si rivolgevano a lui per consiglio e anche per la direzione spirituale. Ma, ricordando a se stesso che la vita è un pellegrinaggio e che tutti siamo «pellegrini e forestieri in questo mondo» (Regola VI), intraprese il cammino della via Emilia per stabilirsi in quella piccola città termale. Qui la comprensibile amarezza del suo animo fu attenuata dalla visita di quanti continuavano a ricercare da lui un conforto e una luce per la propria vita spirituale.

La malattia

A Castel San Pietro nel 2017 si manifestò in lui una terribile malattia: masse angiopatiche nell’encefalo. In seguito all’asportazione di tali angiomi, p. Alessandro non ha più ripreso una vita normale, e non riusciva a parlare e neppure in qualche maniera a comunicare. Dopo un tentativo di riabilitazione a Bologna e a Correggio, che si è rivelato inefficace, è stato ricoverato nella nostra infermeria provinciale di Reggio Emilia (2018), assistito con premura e competenza. Non sono mancate le visite di amici, che, con spirito di riconoscenza, intendevano recitare una preghiera muta con lui, che, nel silenzio più assoluto, poteva parlare solo con il suo Signore. Così, dopo quattro anni di un calvario che non sembrava aver fine, Gesù gli ha spalancato le braccia del suo amore, e lo ha accolto nel giorno che non muore.

Con il padre Alessandro scompare una figura di frate genuino e di superiore senza la pretesa di cambiare a ogni costo il mondo e i frati, un religioso con il sorriso sempre sulle labbra, che ha saputo accettare anche le contestazioni da parte di chi interpretava la realtà in maniera diversa, e che sapeva dimenticare in fretta qualsiasi torto subito. Un frate sempre gioioso della sua vocazione cappuccina e riconoscente al Signore di averlo chiamato alla vita sacerdotale.

fr. Nazzareno Zanni


La Messa del rito del funerale è stata celebrata nel nostro Santuario di San Giuseppe in Bologna, presieduta dal Ministro provinciale, p. Lorenzo Motti, con cui hanno concelebrato tanti confratelli e anche sacerdoti diocesani, in particolare il Vicario generale della diocesi di Bologna, mons. Giovanni Silvagni. Alla preghiera dei frati si è unita quella della numerosa gente, soprattutto religiose, che lo hanno voluto così ricordare al Signore.

La salma è stata inumata alla Certosa di Bologna nella nostra tomba, il più grande convento della Provincia, dove lo attendevano tanti altri confratelli.